Virna Pezzali ha iniziato il suo percorso professionale supportando le aziende nello sviluppo dei mercati esteri. Oggi, a 35 anni, è direttore di filiale in una banca: «L’educazione finanziaria è la nostra missione più importante»
«Non c’è una motivazione particolare che mi ha portato a scegliere di lavorare nel mondo bancario: ci sono arrivata per caso ma ho scelto di rimanerci perché mi ha appassionato».
Qual è stata la motivazione principale che l’ha portata a scegliere di lavorare nel mondo delle banche e della finanza?
Ho studiato materie umanistiche: liceo delle Scienze sociali prima e Ricerca sociale poi. Sono stati percorsi formativi che mi hanno permesso di viaggiare molto e di studiare un semestre in Svezia e uno negli Stati Uniti. A seguito di tutto questo è nata la possibilità di intraprendere un percorso accademico in Università, ma la voglia di indipendenza economica – e di percorsi un po’ più pratici dopo tutta la teoria – mi ha spinto verso un percorso di consulenza alle aziende per lo sviluppo dei mercati esteri.
Tutte le banche erogano servizi molto simili: ciò che fa la differenza è il capitale umano.
Tuttavia, il lento percorso di crescita nel contesto in cui ero inserita e lo scarso rapporto vis-à-vis coi clienti ha iniziato a starmi stretto. Così, ho iniziato a guardarmi attorno e, una volta saputo che alcuni miei compagni di corso lavoravano in un noto istituto bancario, ho deciso di inviare qualche curriculum. Dopo qualche giorno mi hanno chiamato due banche, ho fatto vari test attitudinali e test di selezione. Il risultato è che da 10 anni lavoro per una di quelle due banche.
Passando alle motivazioni per le quale sono rimasta a lavorare nel mondo bancario, quella che forse è preponderante è che è un lavoro che non esaurisce mai le cose da apprendere e ti costringe a vivere nel mondo. Continuamente abbiamo normative su cui informarci e casistiche specifiche di problemi nuovi da gestire e a cui provare a dare risposta. Dobbiamo sapere di politica, economia, psicologia, attualità, cultura ed entriamo in contatto con clienti e imprenditori che spesso hanno storie loro stessi da raccontarci. Il massimo della soddisfazione si ha quando riusciamo a interpretare correttamente contesto e criticità su cui ci chiedono consulenza, riuscendo a dare una risposta concreta al cliente che ne apprezza la qualità.
In che modo si aggiorna costantemente sulle nuove tendenze e normative?
L’aggiornamento è fondamentale e imprescindibile. L’aggiornamento sulla normativa è quello che mi risulta più semplice dato che ci supportano uffici ad hoc e oggi le normative sono facilmente fruibili online. L’aggiornamento più complicato ma molto più interessante riguarda le tendenze, intese nel concetto più ampio: politiche, economiche, sociali, culturali. Oggigiorno, per fortuna, nel mondo complesso in cui viviamo ci aiutano la tecnologia e il mondo dei podcast. Io sono spesso in macchina e tutte le mattine ascolto 30 minuti di sintesi di rassegna stampa italiana ed estera a cui associo (metodo ben più nostalgico, ma efficace) la lettura dei maggiori quotidiani locali al bar mentre bevo il caffè prima di entrare a lavoro. Poi per chi lavora nei settori bancari rimane imprescindibile la lettura del Sole24Ore.
Quanto conta, per un professionista del mondo finanziario o bancario, avere uno stile personale che contraddistingua la propria immagine? In che modo questo aspetto va a influenzare la percezione del cliente e la fiducia nella relazione con il professionista?
Moltissimo, se per stile consideriamo il nostro modo di esercitare il nostro lavoro. Tutte le banche erogano servizi che sono molto simili e ciò che fa la differenza è il capitale umano (congiuntamente alle caratteristiche di soft skills). La relazione di fiducia continua a essere fondamentale soprattutto in quei rapporti dove si entra nel vivo della vita personale dei clienti: dalla pianificazione successoria, ai problemi familiari, aziendali e così via. Come ci sono clienti e clienti, esistono consulenti e consulenti: nessuno va bene per tutti e spesso nella relazione tra cliente e consulente ci si sceglie più per affinità relazionali (e di modo di interpretare ed esercitare il proprio ruolo) che non per i prodotti offerti.
Come si vede tra 5 anni e quali consigli si sente di dare ai nostri lettori?
Non so come mi vedrò tra cinque anni, ma cinque anni fa mai avrei pensato che a 32 anni sarei diventata direttore di filiale. Spero di continuare a crescere in competenze e capacità relazionali: vorrei continuare ad apprendere cose nuove e approfondire/perfezionare le vecchie. L’ambizione che ho è poter fare la differenza sia come persona che come professionista nei confronti sia dei miei clienti che della mia azienda. Non credo di avere abbastanza esperienza e anni per dare dei consigli ad altri: a 35 anni ho ancora una discreta “brama” di ricerca di perfezionismo e preferisco ricevere e lavorare su consigli ricevuti (ancor meglio se feedback in quanto più circoscritti e pratici).
Ultima domanda: potrebbe spiegare ai lettori un concetto della finanza in modo semplice, come la spiegherebbe a un bambino?
Che domanda difficile! Forse lo spiegherei con un ricordo che accomuna molti di noi alle nostre prime esperienze con le disponibilità di denaro: la gestione della paghetta settimanale. La paghetta, che dipende (o dovrebbe dipendere) dalle conseguenze delle azioni positive e/o negative messe in atto nella quotidianità, può essere risparmiata (comprendendo il valore del denaro) o consumata (per far fronte alla soddisfazione di necessità o desideri). L’equilibrio tra risparmio o consumo è quello che determina le scelte finanziarie dei bimbi che siamo o degli adulti che diventeremo: se prendo 10 euro come paghetta, userò tutti i 10 euro per le spese superflue o ne risparmierò tutte le settimane un po’ per qualcosa a cui tengo veramente e che posso permettermi solo con il risparmio?
È importantissima l’educazione finanziaria e la consapevolezza che ogni scelta economica comporta costi, sacrifici, gratificazioni e rischi (da esternalizzare o da assumersi). Ecco, forse l’educazione finanziaria è una delle nostre missioni socialmente più importanti: abbiamo a che fare con una delle sfere più intime dei nostri clienti, che sono la sicurezza economica e la forte sensazione di vulnerabilità ad essa collegata.