Il 31% dei dipendenti italiani ha ammesso di sperimentare un periodo di difficoltà economica, ma solo il 27% di loro ritiene che la propria azienda si sia impegnata adeguatamente per compensare l’inflazione e garantire un adeguato livello di retribuzione. È quanto emerso da una recente indagine di SD Worx.
Promuovere il benessere ed evitare lo stress finanziario delle persone: per il 39% delle imprese italiane si tratta della priorità assoluta e del tema più sfidante in ambito salariale. Lo comunica SD Worx, azienda europea attiva nella fornitura di soluzioni HR e gestione delle buste paga, dopo aver condotto un’indagine su 5mila aziende in 18 Paesi europei. In Italia, è emerso che l’aumento dei costi salariali è rimasto invariato per il 48% delle imprese rispetto al 2023. Tuttavia, il 45% delle aziende segnala difficoltà e un 22% si sta attivando per garantire maggiore equità retributiva interna.
Bert De Vriendt, Country Leader di SD Worx Italia, ha evidenziato in una nota stampa l’importanza di un approccio integrato: «Sei dipendenti su dieci ritengono che la retribuzione sia il criterio più importante nella scelta di un’organizzazione. È essenziale trovare un equilibrio tra retribuzione, costi del lavoro e benefici non finanziari per trattenere e motivare il personale». Lo conferma l’Osservatorio Anima, che ha riscontrato che in Italia l’aumento dei prezzi rappresenta ancora un problema significativo per il 52% dei titolari di conto corrente e il 43% degli investitori, in crescita rispettivamente di 2 e 3 punti percentuali rispetto alla primavera 2024.
Per reagire alla situazione, diffusa anche a livello europeo, i dipendenti indicano che un aumento di stipendio fisso (44%), un aumento di stipendio variabile (40%) e benefici aggiuntivi come l’assicurazione sanitaria, i piani pensionistici o l’assistenza diurna pagata ai bambini (35%) sono le iniziative più comuni che le aziende hanno adottato per affrontare questo problema. Nel nostro Paese, tuttavia, l’aumento dei costi salariali sta riscontrando una forte stagnazione, tanto che per il 48% delle imprese non si è riscontrata nessuna variazione annuale rispetto al 2023.
Internal equity: creare coerenza e trasparenza
Ma le sfide retributive non finiscono con l’aumento dello stipendio: per il 35% delle aziende italiane l’internal equity, ovvero il principio secondo cui i dipendenti all’interno di un’organizzazione devono essere retribuiti in modo equo per lavori di pari valore o responsabilità, è una preoccupazione altrettanto importante. In Italia, il 22 % delle imprese è attiva sul tema e il 39% ha pianificato di muoversi in questa direzione, ma altrettante al momento non hanno adottato una posizione in merito.
«Quando si tratta di uguaglianza sul lavoro, non c’è nulla di più importante della trasparenza», ha aggiunto De Vriendt. Secondo la direttiva europea sulla trasparenza retributiva, le aziende con più di 250 dipendenti devono infatti redigere relazioni annuali sul divario retributivo di genere all’interno della loro organizzazione. Le aziende più piccole, con più di 150 dipendenti, devono farlo ogni tre anni. Tuttavia, solo un quarto delle organizzazioni europee offre attualmente una dichiarazione sulla retribuzione complessiva. «In questa situazione, il consiglio è di iniziare a comunicare apertamente la propria politica retributiva. Solo così è possibile costruire fiducia e creare un ambiente di lavoro onesto e trasparente, in cui il personale si senta valorizzato».
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