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Riccardo Ferrero: Prometeo, Epimeteo e l’arte dell’investimento

di Katia Cedioli
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Tra miti greci e filosofia moderna, un consulente finanziario con esperienza quarantennale condivide la sua visione, l’arte di non cadere nei bias e l’importanza di un approccio ‘apòta’ nella consulenza.

 

Con un percorso segnato da intuizione e consapevolezza, Riccardo Ferrero ci introduce alla filosofia di investimento che lo guida, fondata su valori che spaziano dalla saggezza di Epimeteo all’audacia di Prometeo. In questa intervista, rivela come mantenere unamente apòta sia cruciale per evitare trappole comportamentali, e descrive il ruolo del fumetto nella sua missione di divulgare concetti finanziari.

Con oltre 40anni di esperienza come consulente finanziario, ha sicuramente affrontato diverse sfide e situazioni che richiedono un bilanciamento tra previdenza e reattività. In questo contesto, come integra e le qualità di Prometeo “colui che pensa prima di agire” con quelle di Epimeteo “colui che pensa dopo aver agito “?

Tra i famosi scritti di Platone, Prometeo e il fratello Epimeteo mi sembravano adatti a interpretare due caratteri e comportamenti in antitesi anche per quel che può riguardare dei dialoghi sugli investimenti. La saggezza viene, a ragione, considerata come frutto di un pensiero approfondito e equilibrato che porta a fare scelte corrette. A volte però, è necessario prendere decisioni reattive che sono causate da situazioni esogene, l’importante è che non generino comportamenti che non siano stati previsti e in qualche modo codificati. Non illudiamoci però, Prometeo ed Epimeteo convivono in noi e ne replichiamo entrambi i comportamenti a seconda del nostro stato d’animo e delle stagioni della vita.

Nel suo libro “Diario di un aspirante investitore Apòta”, esplora il concetto di resistere ai bias comportamentali nella finanza. Potrebbe condividere come questo approccio influenzi le decisioni di investimento quotidiane e quali strategie consiglia per mantenere una mente “apòta” nel contesto degli investimenti?

La parola apòta, con la “a” privativa, possiamo tradurla con “chi non se la beve”, e sappiamo essere stata coniata da Giuseppe Prezzolini nel 1922 con la “Società degli apòti”. Le decisioni di investimento sono farcite da bias comportamentali latenti oppure che crediamo di essere in grado di evitare o quantomeno governare. Gli investimenti finanziari, soprattutto nel nostro paese, sono a volte considerati come un gambling, non è probabilmente un caso che si parli di giocare in borsa anche se la genesi del termine ha una storia differente. Chi approccia l’investimento con questa idea parte con almeno due distorsioni che possono generare malintesi: il tempo e le aspettative. Se da un lato però l’investitore deve imparare a “non bersela” dall’altra chi propone consulenza finanziaria non deve “darla a bere” altro tema che richiederebbe un approfondimento.

Quali sono stati i motivi principali che l’hanno spinta a scegliere i fumetti come strumento di comunicazione?

I fumetti, dal mio punto di vista, hanno una doppia valenza: la sintesi e la semplicità. Gli investimenti e la finanza non sono argomenti di facile e immediata comprensione e sovente possono anche risultare noiosi. Utilizzo dunque i fumetti per provare a superare questi ostacoli e anche per contrastare l’idea che l’argomento serio debba necessariamente accompagnarsi al noioso. Il limite, di cui sono consapevole, è quello di affrontare le questioni solo in superficie senza approfondimenti, ma non è quella la finalità e esistono altre occasioni nel quale poter proporre ragionamenti più articolati.

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Il settore finanziario spesso pone un forte accento sull’immagine e lo stile personale come elementi che possono influenzare la fiducia e la percezione dei clienti. In che modo il suo stile personale si riflette nella sua professionalità e come pensa che questo influenzi le interazioni con i suoi clienti?

L’immagine che si ha di sé stessi e la percezione che le persone hanno di noi gioca un ruolo fondamentale in una professione dove l’offerta del tuo servizio è spesso da considerarsi intangibile, o i cui contorni non sono così delineati come quelli che potrebbero essere l’offerta di un prodotto fisico. Lo stile ha anche a che fare con i comportamenti nei quali possiamo ricomprendere la professionalità, l’etica e, perché no, anche una qualche dose di umiltà intesa come desiderio di migliorarsi e di non considerarsi mai arrivati. Questi elementi possono suscitare emozioni diverse, possono essere attraenti oppure in contrasto con i propri valori se non addirittura in qualche misura respingenti. Non è un caso che i consulenti spesso sviluppino relazioni privilegiate con persone che hanno stili simili.

Il concetto di tasso d’interesse in modo semplice, come lo spiegherebbe a un bambino?

Viviamo in un mondo nel quale al possesso delle cose sovente si preferisce la condivisione, la cosiddetta “sharing economy”. La mia generazione ha vissuto immaginando che non ci fosse altra soluzione che quella di possedere un oggetto, una macchina, una casa. Le nuove generazioni, molto più pragmatiche hanno forse capito che il semplice utilizzo costa meno ed evita tutta una serie di problematiche legate alla proprietà piena e duratura, un bambino, per esempio, che desidera giocare con una macchinina è probabile che qualche giorno dopo la ignori, lasciando al proprietario del bene l’onere di custodirlo oppure smaltirlo. Se inoltre il mio interlocutore ha avuto modo nella sua vita di “possedere” oppure “utilizzare” delle cose, conosce pregi e difetti delle due opzioni, quindi racconterei che il tasso di interesse è quanto gli viene riconosciuto oppure deve riconoscere per aver deciso di dare, per esempio comprando un obbligazione oppure ricevere nel caso di un mutuo a “noleggio” il denaro.

 

Katia Cedioli

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