Per un professionista della finanza con oltre 30 anni di esperienza alle spalle, l’inizio di una vera consulenza è la valutazione e lo studio del patrimonio del cliente.
“Fiducia” è per Ivan Goretti, consulente finanziario di Fano (in provincia di Pesaro-Urbino) attivo da 30 anni, la parola chiave della sua attività. Goretti collabora con Consultinvest Investimenti e dedica molto tempo allo studio della situazione patrimoniale dei clienti, imprese o privati. «Solo conoscendo la situazione personale, famigliare e lavorativa della persona posso studiare il suo profilo di investimento e suggerirgli la strada da intraprendere, scegliendo quella più adatta al suo profilo di rischio», spiega in questa intervista.
Da dove nasce la sua passione per il settore finanziario e perché ha scelto di intraprendere questa professione?
Ho iniziato nel 1994: ho sempre avuto una grande passione per tutto ciò che riguarda aziende, imprese e imprenditori. Circa la metà dei miei clienti sono imprese, mi piace andarle a visitare e capire cosa fanno. Mi occupo, infatti, non solo di consulenza finanziaria nel senso più classico del termine ma anche di operazioni di private equity e venture capital con acquisto e vendita di aziende e di operazioni per start up e Pmi innovative. Insomma, cerco di aiutare le imprese del punto di vista finanziario e patrimoniale: penso sia il modo migliore in cui un consulente possa impiegare il suo tempo. Purtroppo, c’è anche molta burocrazia da sbrigare.
Quali sono i punti di forza e i valori-guida della sua attività di consulenza? Com’è il suo rapporto con i clienti?
Opero nel settore finanziario ed assicurativo da 30 anni e gestisco rapporti sia con famiglie che con aziende. Da diversi anni sono attivo anche nel settore del private equity, dove ho rapporti consolidati con diversi player anche di caratura internazionale per la valorizzazione di Aziende con eventuale quotazione in Borsa. Per il nostro cliente la gestione del patrimonio è parallela alla fiducia in noi e nel rapporto che costruiamo nel tempo. L’inizio di una vera consulenza è per me una valutazione, uno studio del patrimonio del mio cliente. Solo conoscendo la sua situazione personale, famigliare e lavorativa, posso studiare il suo profilo di investimento e suggerirgli la strada da intraprendere, scegliendo quella più adatta al suo profilo di rischio. Per farlo mi confronto con il team di gestione della banca, gli specialisti di pianificazione patrimoniale, immobiliare e assicurativa. Un approccio libero e professionale, che tutela al massimo il mio cliente. Anche l’innovazione è molto importante per me: negli anni ‘90 sono stato tra i primi a creare un sito web e mandare una newsletter ai clienti, quindi ho ricevuto il premio di “Pioniere della consulenza finanziaria”.
In che modo si aggiorna sulle nuove tendenze e normative?
Al di là della formazione obbligatoria, i cui corsi sono spesso già vecchi nel momento in cui vengono tenuti, mi formo e mi aggiorno attraverso letture di pubblicazioni di settore ed attraverso la mia rete di conoscenze, contatti e collaborazioni. Ho rapporti con società che mi consentono una formazione di alto livello.
In che modo l’immagine personale e lo stile influenzano la percezione e il successo di un consulente?
Per quanto mi riguarda, non do molta importanza all’abbigliamento. Essere comodi e a proprio agio consente di concentrarsi al meglio sulla propria attività. Nel periodo estivo, spesso e volentieri, utilizzo un abbigliamento casual. Ovviamente se incontro un nuovo cliente o vado in un’azienda, presto un po’ più di attenzione ai vestiti. Lo stile può influenzare la percezione che il cliente ha ma soltanto a prima vista. La fiducia e la competenza esulano dall’abbigliamento.
Un concetto del mondo finanziario spiegato in maniera semplice, come se dovesse spiegarlo a un bambino?
Non è semplice, perché la finanza diventa sempre più complicata e quindi il ruolo di noi consulenti diventa sempre più importante. Se dovessi spiegare ad un bambino cos’è la finanza gli direi che è la fotografia dell’economia. Poi direi di preferire l’intelligenza umana a quella artificiale, perché l’intelligenza artificiale funziona solo se dietro c’è un’intelligenza umana.
Photo cover: Pexles / Ketut Subiyanto