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Giovanni Schiaffino: «Senza tenacia, le buone idee non si realizzano»

di Katia Cedioli
L’Head of Private Banking di Banca Investis sfata i miti comuni legati alla figura del private banker e mette in luce la necessità di una visione a lungo termine e di una conoscenza profonda dei clienti, anche grazie alla digitalizzazione.

 

Nel mondo in rapida evoluzione del private banking, Giovanni Schiaffino si distingue per la sua capacità di combinare l’esperienza maturata in grandi banche internazionali con una visione innovativa e orientata al futuro. In questa intervista, l’attuale Head of Private Banking di Banca Investis spiega il suo punto di vista sulle dinamiche interne di un settore che sta cambiando profondamente.

Come le sue esperienze precedenti l’hanno preparata per la posizione di Head of Private Banking presso Banca Investis?

Dopo 15 anni di esperienza in una banca locale, dove mi occupavo di consulenza sugli investimenti, nel 2003 ho deciso di intraprendere un nuovo percorso professionale in UBS, dove ho ricoperto il ruolo di responsabile delle filiali di Padova e Firenze e curato l’apertura e l’assunzione dell’intero team della filiale di Treviso. Nel 2011 ho iniziato la mia esperienza in Credit Suisse dapprima come responsabile dell’area Nord-Est ricoprendo incarichi via via maggiori fino ad esser nominato Managing Director e Capo del Private Banking. Nel 2021 ho deciso di continuare il mio percorso in Cordusio Sim come responsabile dell’area Nord-Ovest e alla fine del 2021 sono stato nominato Head of Wealth Management in Unicredit, mentre a ottobre 2023 sono entrato a far parte della squadra di Banca Investis. L’aver sempre gestito team complessi, oltre che clienti, all’interno di realtà sia italiane che di matrice estera è stata per me una grande scuola che mi ha insegnato a coniugare al meglio attività di gestione, sviluppo e crescita del team e del business in generale.

Se volessimo far conoscere al pubblico un Private banker da un’angolazione differente, le vengono in mente 2-3 miti da sfatare rispetto a questa figura professionale?

I banker di maggior successo con cui ho avuto la fortuna di collaborare nella mia carriera sono, a differenza di quanto qualcuno potrebbe pensare, professionisti che seguono sì i mercati, ma che non sono “ossessionati” dal day-by-day e hanno la capacità di avere una visione di lungo termine. Sono professionisti sinceramente interessati a conoscere il cliente, le sue preoccupazioni, i suoi desideri e in grado di mettere a disposizione il loro network e quello della banca per trovare soluzioni ed iniziative che rispondano esattamente ai bisogni del cliente. Spesso sottovalutiamo la tenacia, che però è fondamentale: le buone idee devono sempre essere accompagnate dalla capacità di metterle in pratica.

Parlando di brand personale e stile, come si è evoluto il suo approccio personale nella gestione dei rapporti con i manager, i collaboratori e i clienti?

Nel corso della mia carriera ho avuto l’opportunità di fare tesoro di molte esperienze e di approcci diversi: alcuni straordinari, altri non sempre condivisibili. Sono state, però, le esperienze ed i rapporti meno positivi quelli che hanno avuto un forte impatto sul mio modo di essere e di relazionarmi e che hanno plasmato il mio approccio, che si basa sempre su trasparenza totale, fiducia, senso di team e rispetto.

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Photo: Baseimage / Eliza Alves

Com’è cambiato per il mondo delle banche la modalità di comunicazione nell’era digitale? Quanto sono importanti gli eventi (anche tra settori trasversali) per generare relazioni e diffondere la cultura finanziaria?

Sono convinto che il digitale rappresenti un’opportunità straordinaria che ha rivoluzionato il modo di interagire nell’intera società, banche incluse. Tempi di risposta una volta considerati normali ora risultano totalmente inaccettabili ed essere “online” e sempre in grado di interagire con i propri clienti viene considerato un requisito ormai minimo. Proprio per l’evoluzione ultra rapida del mondo digitale, l’utilizzo di eventi, soprattutto in presenza, risulta essenziale per tessere nuove relazioni e connessioni ed è un’occasione per creare sempre più cultura in ambito finanziario. Credo che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale sarà l’ulteriore passo in avanti in questo senso, ma sono sicuro che la relazione umana resterà sempre il fattore vincente. 

In che misura questa professione le consente un equilibrio tra vita lavorativa e tempo da dedicare a se stesso?

Penso sinceramente che, quando si ama il proprio lavoro, non se ne sente mai veramente il peso. La mia professione, poi, oltre a lasciare lo spazio per curare la propria sfera privata e le proprie relazioni, offre anche l’opportunità di incontrare e conoscere clienti estremamente interessanti: spesso si tratta di imprenditori di grande successo le cui storie fungono da stimolo anche per la propria sfera privata. 

Il concetto di ‘private banking’ come se lo stesse spiegando a un bambino?

Il Private Banker è una persona di fiducia, che conosce molto bene il proprio cliente, la sua famiglia, le sue paure e le sue passioni. È la persona che aiuta a raggiungere gli obiettivi finanziari del proprio cliente e, in alcuni casi, a supportarlo nel mantenimento degli equilibri familiari.

 

Katia Cedioli

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