Un consulente finanziario indipendente si è posto l’obiettivo di guidare i suoi clienti ed essere un punto di riferimento nelle loro decisioni economiche, come spiega in questa intervista.
Oltre dieci anni di esperienza nei mercati finanziari in qualità di retail trader (Equity & Commodities Futures EUREX-CME | US Cboe Stock Options) e una pluriennale esperienza in ambito aziendale come Responsabile amministrativo e finanziario. Giorgio Bonomelli chiarisce che le sue competenze diversificate hanno contribuito a formare il bagaglio personale e professionale che, insieme alla passione per l’economia e la finanza, gli consente oggi di affiancare i clienti in vari ambiti economici e patrimoniali.
Qual è il suo percorso accademico e lavorativo?
Per quanto riguarda il percorso di studi ho conseguito una laurea triennale in Mercati Finanziari e Amministrazione d’Impresa e in seguito una laurea specialistica in Banche, Mercati e Finanza d’impresa, entrambe all’Università LIUC di Castellanza (Varese). Terminato il percorso universitario, compresa l’esperienza curricolare in uno studio di commercialisti, ho iniziato la carriera professionale nel mondo aziendale nel quale per alcuni anni ho ricoperto il ruolo di Responsabile amministrativo e finanziario. L’approdo nel mondo della consulenza, e quindi una sorta di “ritorno alle origini” considerato il retaggio universitario, è avvenuta poco dopo l’istituzione della nuova sezione dell’Albo OCF dedicata agli indipendenti e così, alle porte del Covid in un trait d’union tra passione ed esigenze private, ho iniziato a svolgere la professione di consulente finanziario indipendente.
Tra i suoi servizi figura il wealth management: cosa intende?
Molto semplicemente ciò che riguarda la totale pianificazione, economica e finanziaria, improntata al welfare del cliente. Per benessere intendo principalmente quello fisico e mentale che solo una situazione di serenità può consentire. Si perché è indubbio che ansie, stress e paure rendano inquieti e stressati, e quando si parla di soldi presenti e futuri è facile cadere in tali stati d’animo. I servizi di wealth management consentono quindi ai clienti di poter essere sereni per tutto ciò che riguarda la loro situazione economica e patrimoniale potendo contare su un riferimento fiduciario, esente da conflitti di interesse, che possa supportarli e aiutarli nella gestione di tutti i rischi a cui sono consci, o non consci, di essere esposti. Ecco quindi che i servizi di wealth management presidiano e gestiscono tutto ciò che attiene ai rischi assicurativi (quindi premorienza, infortunio, assicurazioni su beni reali), il benessere in termini di previdenza (assicurare quindi un tenore di vita adeguato anche in fase di pensionamento), la serenità in tema successorio (assicurare che il patrimonio non venga depauperato in una fase delicata come quella successoria) e la sicurezza della pianificazione finanziaria (sapere cioè di investire in modo efficace ed efficiente per un obiettivo prefissato e misurato, avendo un percorso ben definito da seguire ed eventualmente implementare, mi riferisco quindi, ma non esclusivamente, ad esempio agli studi dei figli, a un obiettivo di acquisto o ristrutturazione o semplicemente un obiettivo più generico volto alla crescita del capitale).
Quali sono state le principali ragioni che l’hanno portata a intraprendere la carriera di consulente finanziario?
In primis sicuramente la passione per la materia, penso sia una condizione sine qua non che valga in ogni campo. In seconda istanza, sicuramente un interesse personale: perché una consulenza finanziaria indipendente, con un servizio completo esente da conflitti d’interesse e una conoscenza approfondita di come e in che cosa si investe, è ciò che necessitavo in ambito privato e familiare. Sono il primo fruitore dei servizi e delle competenze che “vendo”.
Perché secondo lei gli italiani ne sanno poco di come funziona l’inflazione e in generale di educazione finanziaria?
Penso che gli italiani siano caratterizzati da tre elementi distintivi: storicità, tradizione e semplicità. Storicamente gli italiani hanno avuto una bassa avversione al rischio e una certa diffidenza in ciò che non si tocca con mano, preferendo quindi tradizionalmente investimenti “nel mattone” o dedicando al massimo una residuale quota nella “semplicità” di un buon vecchio Titolo di Stato. Estremizzo e generalizzo ma è una condizione piuttosto diffusa. Il problema è che il mondo cambia e per certi versi si complica, i rischi insiti in una tale gestione crescono perché cambiano le condizioni sottostanti e i contesti nazionali e sovranazionali, divenendo quindi indispensabili temi di diversificazione e alternative di investimenti efficienti finalizzati al corretto presidio del rischio. A fronte delle nuove esigenze, si è creata una sorta di asimmetria informativa: il mondo finanziario è divenuto più complesso ma molti non hanno sentito la necessità, o semplicemente non hanno avuto tempo perché concentrati nella loro attività o passione, di stare al passo con l’evoluzione del mondo finanziario. In questo contesto, spero che nessuno me ne voglia, ma ho l’impressione che qualcuno ci abbia sguazzato. Fortunatamente oggi ci sono molte iniziative pregevoli volte ad accrescere la cultura finanziaria approfondendo concetti quotidiani di inflazione, rischio, investimenti efficienti, diversificazione.
In che modo l’immagine personale e lo stile influenzano la percezione e il successo di un consulente?
Per quanto mi riguarda ritengo che il modo di porsi, e quindi anche banalmente l’abbigliamento, siano direttamente proporzionali all’importanza che si dà non solo al lavoro che si svolge ma anche alla persona che si ha di fronte. Penso che la cura personale così come adottare un abbigliamento consono, denotino attenzione e riguardo per l’interlocutore e per ciò che si fa. Inutile poi non ammettere che è un settore nel quale la prima impressione fa molta differenza.
Una parola della Finanza in modo semplice, come la spiegherebbe a un bambino?
Parliamo di “spread”. Spread significa semplicemente differenza, ma tra cosa e perché è importante? Lo spread, quello sentito ai telegiornali, è una misura di rischio stabilità Paese basata sulla differenza di rendimento tra un nostro BTP (decennale) e l’equivalente titolo tedesco (il Bund decennale). Ma cosa c’entra il rischio Paese con il rendimento? La relazione rischio-rendimento comporta che attività più rischiose debbano offrire necessariamente rendimenti più alti per remunerare adeguatamente chi ha deciso di assumersi tale rischio. Quindi, quando sentiamo dire che lo spread è salito, significa che il mercato percepisce l’Italia più rischiosa (quindi aumentano i rendimenti dei suoi BTP) rispetto a un’economia come quella tedesca, presa come modello di affidabilità e solidità finanziaria. Facciamo un esempio pratico: se un BTP ha un rendimento dell’4% e il Bund tedesco, con la stessa scadenza, ha un rendimento del 2%, allora lo spread sarà pari a 2 punti percentuali (4 meno 2), ovvero 200 punti base, che equivalgono appunto, al 2%.