Con la sua capacità di svelare come emozioni e pregiudizi inconsci plasmino le nostre decisioni economiche, la finanza comportamentale sta sfidando le convenzioni tradizionali anche in Italia.
Quali sono i principali pregiudizi cognitivi che condizionano gli investitori italiani e in che modo la finanza comportamentale sta cambiando l’approccio alla consulenza finanziaria nel nostro Paese? Secondo uno studio recente condotto da Finer per Efpa Italia, solo il 66% dei consulenti finanziari italiani afferma di conoscere i principi della finanza comportamentale, e di questi, solo il 21% li applica effettivamente per guidare le scelte di investimento, mentre il 79% li utilizza principalmente per relazionarsi con il cliente.
Questo divario tra conoscenza e applicazione rappresenta sia una sfida che un’opportunità. Se da un lato, evidenzia la necessità di una maggiore formazione e consapevolezza sui principi della finanza comportamentale, dall’altro suggerisce un ampio margine di miglioramento nella qualità delle decisioni finanziarie. Un potenziale che, se sfruttato, potrebbe portare a un significativo aumento del benessere finanziario degli italiani.
I bias cognitivi: una questione culturale
La finanza comportamentale sta rivelando una serie di bias cognitivi che influenzano significativamente le scelte degli investitori italiani. Questi pregiudizi riflettono sia tendenze psicologiche universali che peculiarità culturali del nostro paese. Il rapporto Consob del 2024 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane evidenzia una tendenza degli investitori retail italiani a concentrare i propri investimenti su titoli nazionali, fenomeno noto come home bias.
L’home bias emerge come un fenomeno particolarmente evidente. Questo bias si manifesta nella tendenza degli investitori a concentrare una parte sproporzionata dei loro investimenti in attività finanziarie del proprio Paese d’origine. Questa preferenza per il Made in Italy finanziario, se da un lato può riflettere una certa fiducia nell’economia nazionale, dall’altro rischia di limitare i benefici della diversificazione geografica del portafoglio. La finanza comportamentale identifica anche la loss aversion, letteralmente avversione alla perdita, come un bias predominante tra gli investitori italiani. Questo fenomeno si manifesta nella tendenza a sovrastimare le potenziali perdite rispetto ai possibili guadagni. Un recente studio di Finer, noto istituto di analisi e ricerche di mercato in ambito finanziario ed economico, evidenzia che questo tipo di atteggiamento porta a decisioni di investimento spesso eccessivamente conservative.
Verso un nuovo paradigma
A complicare ulteriormente il quadro si aggiunge l’overconfidence, o eccesso di fiducia. Tale pregiudizio cognitivo porta gli investitori a sopravvalutare le proprie capacità di analisi e previsione dei mercati e può condurre a investimenti eccessivamente rischiosi o mal ponderati.
Sempre più consulenti stanno adottando strumenti come questionari psicometrici per valutare il profilo di rischio e i bias cognitivi dei loro clienti, al fine di offrire una consulenza più personalizzata e consapevole. Inoltre, l’uso di simulazioni di scenari di investimento sta aiutando i clienti a comprendere meglio le proprie reazioni emotive alle fluttuazioni del mercato, permettendo ai consulenti di guidarli verso decisioni più razionali e allineate ai loro obiettivi.
Come sottolinea Ruggero Bertelli, Professore Ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università degli Studi di Siena, in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore: “Lo sguardo basso, rivolto solo a quello che si vede ora, è uno sbaglio. Occorre che i consulenti siano architetti delle scelte dei risparmiatori, spiegando che occorre parlare di investimenti più che di risparmio, che non ha senso parlare di investimenti se non si ha un orizzonte lungo, altrimenti è semplice liquidità.”
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