Part-time involontario, contratti a tempo determinato e stipendi più bassi anche nel settore finanziario. Gli ultimi rapporti INPS e ISTAT fotografano una situazione ancora critica per le donne, che accedono con più difficoltà a ruoli decisionali e posizioni di vertice nei consigli di amministrazione (CDA) delle aziende e dei grandi gruppi bancari.
In Italia, solo il 52,5% delle donne tra i 15 e i 64 anni risulta occupato, contro il 70,4% degli uomini. Le lavoratrici sono più esposte a vulnerabilità lavorativa e retributiva, anche a causa di un minore accesso a contratti a tempo indeterminato e un’alta percentuale di part-time involontario (interessa il 15,6% delle occupate, contro il 5,1% degli uomini). È quanto emerge dal Rendiconto di genere 2024 realizzato dall’INPS e relativo al 2023.
Per quanto riguarda la disparità salariale, in un contesto di generale impoverimento dei lavoratori, le donne percepiscono in media il 20% in meno degli uomini, percentuale che sale al 32,1% guardando alle attività finanziarie e assicurative. Un divario di genere emerge anche tra gli occupati a tempo indeterminato, per le figure di quadri e dirigenti. Solo il 21,1% delle donne ha contratti da dirigente contro il 78,9% degli uomini. Tendenza confermata dall’ultimo rapporto CNEL-ISTAT che sottolinea come, nonostante un maggiore equilibrio raggiunto nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa (stimolato anche dalla Direttiva Europea sul Gender Balance), il potere decisionale resti di fatto in mano agli uomini. Il maggiore livello di istruzione tra le donne e le buone capacità di leadership non si traducono quindi nell’accesso a posizioni di vertice nel mondo del lavoro.

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La rappresentanza femminile in posizioni apicali
Al tema del potere economico finanziario e al fenomeno della cosiddetta “segregazione verticale”, è dedicato un capitolo del report “Sesso è potere”, realizzato dalle associazioni Info.nodes e On Data. Il rapporto riflette sulle posizioni di middle management (dirigenti di livello intermedio) più diffuse tra le donne. Ruoli delicati e strategici, ma non decisionali, generalmente molto stressanti ed economicamente meno gratificanti. Lo studio analizza inoltre le società controllate o partecipate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) per avere un quadro della rappresentanza femminile in posizioni apicali. Delle 34 società osservate, soltanto sei hanno un’amministratrice delegata o CEO donna (17,6%). La situazione resta critica anche a livello di presidenza dei consigli di amministrazione dei principali gruppi bancari: in 9 casi su 10, la posizione di CEO è ricoperta da un uomo.
Se questi report fotografano una situazione critica per le donne, nel contesto europeo e internazionale, l’Italia perde posizioni rispetto agli anni precedenti. Nell’ultimo Global Gender Gap Report pubblicato dal World Economic Forum, il nostro Paese scende all’87esimo posto nella graduatoria generale, al 96esimo per tasso di occupazione femminile e al 95esimo per parità retributiva.
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