Il ruolo cruciale dell’educazione finanziaria e il divario di genere alimentato dai pregiudizi: dati e strumenti per promuovere l’indipendenza economica femminile. Sapendo che né la scuola, né la famiglia riescono a ricoprire un ruolo fondamentale.
Emancipate in molti aspetti della vita, le donne, specie quelle italiane, tardano però a raggiungere la consapevolezza delle proprie possibilità anche in campo finanziario. Uno dei “soffitti di cristallo” ancora da infrangere per le donne è dunque quello del mondo finanziario e in parte le motivazioni di questo ritardo sono storiche.
Se pensiamo che in passato le donne perdevano il controllo dei beni portati in matrimonio come “dote” e che – nella rivoluzionaria ed egalitaria Francia – le donne hanno acquisito il diritto di rivolgersi a una Banca da sole, senza essere cioè accompagnate dal marito, solo nella seconda metà del 1900, capiremo come i pregiudizi sulle reali capacità delle donne abbiano riguardato questo aspetto della loro vita per secoli. Un pregiudizio che spesso si traduce in mancanza di fiducia nelle proprie capacità, con l’idea che certi argomenti (più tecnici) debbano rimanere di competenza prettamente maschile.
Un gender gap, quello relativo al mondo finanziario, strettamente legato a ciò che le donne vivono in ambito lavorativo quando si parla di retribuzioni. Secondo un recente studio di Mastercard, infatti, è diffusa la percezione che le donne italiane abbiano minore indipendenza finanziaria rispetto agli uomini (66,4%) a causa del lavoro non retribuito (lo pensa oltre il 58% delle intervistate) e dei maggiori guadagni degli uomini rispetto alle donne (50%).
Più della metà delle donne che non si sentono indipendenti dal punto di vista finanziario dichiara di non guadagnare abbastanza: questo incide inevitabilmente sulla lontananza femminile dal tema finanziario. D’altro canto però le donne considerano quella finanziaria come la leva principale per la spinta verso l’autonomia e l’indipendenza personale (64%), con la fascia d’età compresa tra i 25 ed i 39 anni a dimostrare maggiore consapevolezza e maggiore desiderio di raggiungere l’autonomia finanziaria per non dipendere da terze persone.
Un divario aumentato
La pandemia ha peggiorato il quadro. Sono state le donne a pagare il prezzo più alto della perdita di lavoro conseguente alla chiusura di molte attività causata dal lockdown. Un fenomeno che ha generato un aumento del divario rispetto agli uomini.
Il tema del rapporto tra donne e finanza è stato oggetto anche di un’altra indagine, commissionata da Facile.it agli istituti mUp Research e Norstat, che ha evidenziato come oltre il 67% delle donne riconosce di essere poco preparata perché i temi finanziari sono considerati troppo complicati (secondo il 36%) o semplicemente perché non sono interessate (20%).
Tra le donne interessate ad approfondire questo argomento, il 54% non riesce a farlo a causa della mancanza di tempo mentre il 44% per mancanza di risorse economiche. Inoltre, se il 12% ha affermato di non interessarsi all’aspetto finanziario della gestione familiare – perché demandato al marito o al compagno – è grave constatare che sono 20mila le donne che dicono di non farlo perché il partner non vuole.
Quelle che approfondiscono la tematica sono solitamente donne tra i 35 e i 44 anni (38,6%), metà delle quali autodidatte. Né la scuola, né la famiglia riescono cioè ad avere un ruolo fondamentale nell’educazione finanziaria delle donne. Molto di più fa invece l’esperienza lavorativa. Le differenze le fanno, come in molti altri casi, il livello di reddito, quello di istruzione, di età e come detto, di genere (fonte: Banca d’Italia 2020).
I pregiudizi che ancora resistono
Non stupisce quindi il dato fotografato dal Rapporto Unioncamere sull’Imprenditoria Femminile del 2020: la principale fonte di finanziamento delle nuove imprese “rosa” è stato il capitale familiare o personale, mentre solo nell’11% dei casi si è fatto ricorso al credito bancario. Le motivazioni sono varie ma in generale legate alla percezione che il trattamento riservato dalle Banche alle donne sia “molto peggiore” rispetto a quello riservato agli uomini. Alla base persiste una serie di pregiudizi: le donne potrebbero avere figli, sono meno affidabili degli uomini, hanno meno capacità imprenditoriali (Indagine Swg per CNA del 2019).
Ciò che appare chiaro è che soprattutto gli strumenti di finanza personale, di investimento e risparmio appaiono particolarmente importanti per il raggiungimento della tanto agognata indipendenza, per il perseguimento dei propri obiettivi professionali e familiari, per la gestione previdenziale e – in prospettiva futura – di pianificazione della vecchiaia.
Eventi e strumenti di educazione finanziaria
Serve perciò una grande attività di educazione: su questo la tecnologia può essere di aiuto per creare dimestichezza e abilitare conoscenze almeno basilari del mondo economico-finanziario. Pensiamo anche solo alle app messe a disposizione dagli istituti bancari o ai tanti canali di comunicazione e informazione che è possibile raggiungere attraverso il web.
Parallelamente ai canali di informazione fai-da-te, sempre più spesso vengono organizzati eventi e corsi, dal vivo e online, per favorire l’empowerment femminile che, come detto, passa anche attraverso la consapevolezza dell’auto-determinazione finanziaria. Tra questi segnaliamo il progetto “Donne in Attivo” – La tua guida all’educazione finanziaria, finanziato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, realizzato da Unioncamere con la collaborazione del Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria. Il programma propone webinar e laboratori, contenuti teorici ed esercitazioni pratiche sulla gestione del denaro, la negoziazione, la gestione del debito per allontanare l’ansia, la gestione finanziaria anche di piccole cifre.
Molti istituti bancari sviluppano infine prodotti su misura per le donne e promuovono l’alfabetizzazione finanziaria come parte di un approccio alla sostenibilità, mirando a favorire l’indipendenza economica. Questa iniziativa è volta sia a generare conoscenze e competenze – che possono essere trasmesse dalla generazione delle madri a quella delle figlie – sia a combattere il divario economico, spesso associato alla violenza economica.
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